
ROMA - L’italiano se la passa piuttosto male. Già sapevamo che negli ultimi tempi la lingua di Dante non godesse più di buona salute, vittima dell’assalto globale di espressioni esterofile e abbreviazioni imposte dall' sms-style. A giudicare, però, da un recente studio condotto dall’Invalsi, oggi la nostra lingua versa in uno stato peggiore di quanto potessimo aspettarci. L’istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, infatti, ha messo sotto la lente di ingrandimento 499 temi scritti dagli studenti italiani durante la prova di maturità dell’anno 2010. Gli indicatori utilizzati dall’ente per vivisezionare gli elaborati sono quelli indicati in una scheda messa a punto dall’Accademia della Crusca: si va dalla punteggiatura all’uso appropriato dei termini, dai verbi alle capacità di formazione del pensiero scritto.
Ebbene, all’esito del test clinico, la diagnosi stilata dai ‘medici’ del Ministero è stata impietosa. I colpi assestati al nostro amato italiano sono ferali. Per capire come la beata ignoranza dei giovani diciottenni abbia stravolto in pochi anni regole cristallizzate da secoli e secoli di letteratura, basti pensare che un termine come "aereo" diventi nella loro fantasia “aerio”, "manipolazione" si trasformi nel più meccanico “manovrazione”, o - per dirne un’altra ancora - lo storico “irredentismo” passi al più canzonatorio “irridentismo”. Non è solo questione di congiuntivi sballati, dunque. Oltre agli impappinamenti fantozziani, fra i sintomi del malessere linguistico della nostra Penisola si segnalano anche la povertà del lessico e le difficoltà di argomentazione. Per non parlare, poi, degli errori di punteggiatura. Nel 78 % dei casi esaminati lo studio nota “un uso non corretto dei segni interpuntivi”. Una vera ecatombe di virgole, punti e senso della logica a cui la nostra scrittura non riesce a sfuggire. In questo nuova babele, sembra che a farla da padrona siano le espressioni tratte dalla lingua parlata e i vocaboli gergali.
Di chi è la colpa della nuova barbarie linguistica? Le biblioteche deserte? Il calo del numero dei lettori? La (sotto)cultura di massa? Certo, sono tutti fattori determinanti. Le abitudini dei giovani sono cambiate con l’avvento delle nuove tecnologie. Alle letture di romanzi, giornali o fumetti, gli adolescenti dell’era 2.0 preferiscono una partita alla playstation o un giro su facebook. Conseguentemente il loro linguaggio si appiattisce, si adatta al lessico contratto delle chat e della comunicazione telefonica. Nel frattempo, mentre si consuma questo silenzioso omicidio ai danni della lingua di Dante, l’istituzione scolastica invecchia e non si rigenera, propinando metodi didattici obsoleti, incapaci di contrastare l’avanzata dei modelli linguistici diffusi da internet e dai media. Risultato? La futura classe dirigente del Paese – un esercito di avvocati, impiegati, medici ed ingegneri – avrà difficoltà a scrivere l’italiano dei nostri nonni. Scriverà in una neo-lingua sgrammaticata, elementare e primitiva, composta da poche parole (per metà straniere) e virgole fuori posto. Una ‘selva oscura’ da cui neanche il buon Dante, a quanto pare, riuscirà a tirarci fuori…
DI MARCO ARAGNO
16 marzo 2012
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